Un mondo in movimento

DESERTO – I colori del silenzio

Serie: Deserto 2003

(2003) mostra dal titolo:
DESERTO – I colori del silenzio

Presentazione di Alberto Gavezzani

Attraverso la danza e la musica, in una fusione fra corpi e linee immersi in un oceano mentale, verso le cristallizzazioni del deserto, verso colori che diventano materia, che a volte si installano sulle tele quasi fossero metafisici o che ne escono per diventare simili a sculture o che, in fin dei conti, cercano di smaterializzarsi nell’infinito, di diventare antimateria.

Un mondo in movimento che, partito seguendo le armonie della musica e i ritmi della danza, tende ora ad aggiungere, alla purezza del segno, la materia primigenia.

Danza e pittura, mondi fantastici e realtà: questo è oggi, come ieri, il mondo di Tamara Donati. Un mondo figurativo dove simbolismo e astrattismo continuano ad intrecciarsi, senza che ne l’uno, né l’altro riescano a prevalere.

Anzi – scrivevamo anni orsono – vivono perché si compenetrano, perché diventano un viaggio, un viaggio alla ricerca del proprio io, un proiettarsi verso quei mondi dello spirito e dell’esoterismo che possono continuare a fornire motivi validi per continuare a creare.

Deserto vuol dire lasciare, abbandonare. Scrive nel suo ultimo catalogo “Deserto, i colori del silenzio”: ‘Il deserto è la metafora romantica dell’essere umano che, mediante l’abbandono delle strutture culturali, si avventura al centro di se stesso nella speranza di cogliere il vero senso e il valore autentico dell’esistenza. Il deserto è purificazione e pace, bisogno di solitudine e necessità di vivere a stretto contatto con la natura, è come aprire una porta chiusa su un magico giardino dell’Eden’. Ma il deserto, come giustamente ricorda la pittrice, è anche un territorio che, pur condannato ad un destino minerale, è abitato da una grande quantità di popoli con riti e musiche le cui feste colorano le dune. Appunto musica e danza a far da contrappunto al silenzio, così come le figure di donna che la Donati traccia su impasti sabbiosi fanno da contraltare ai mondi impossibili che ruotano sul resto della tela. Una serie di accostamenti tenui e delicati che mi ricordano un maestro del fumetto degli anni ’60 di cui mi sfugge il nome, ma che aveva l’abitudine di creare mondi sospesi fra le nuvole, città aeree e uomini volanti. Ecco direi che il mondo reale cerca di fondersi con quello che non c’è, il silenzio cerca la musica, la danza cerca la linea, ma in realtà, alla fine, ognuno fa il suo viaggio verso luoghi trascendenti, dove differenze e contrapposti si annullano in una danza perenne, una danza nelle profondità della vita spirituale”. Una danza attraverso la vita, ma che si balla disperatamente da soli.

Presentazione di Alberto Gavezzani

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